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Scienza, conoscenza e realtà


Satori

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Satori complimenti per il tuo profondo amore per la verità e per le tua capacità di trasformarlo in cotanta energia.

1 ora fa, Satori dice:

Ecco, questo proprio non mi torna. Non cogli la differenza tra scienza e filosofia?

Su questo punto mi avevi già chiesto un chiarimento....ed effettivamente sono stato inpreciso. Semplicemente avevo fatto riferimento al dubbio amletico (mutuando il dilemma dicotomico del nostro Principe) per esprimere la mia attuale situazione di fronte a due opere notevoli dell'ingegno umano: la filosofia e la scienza. In particolare, mi colpisce il forte avvicinamente alla filosofia di una buona parte della moderna scienza (cosmologia, fisica, ecc.) perché è talmente lontana dalla possibilità di eventuali dimostrazioni "canoniche". La conclusione dell'articolo " materia signata quantitate" da te citato nel precedente link (molto interessante ed in parte condivisibile), mi sembra andare proprio nella stessa direzione ".... ma, per la verità, la scienza attuale non è forse fatta in gran parte di queste nozioni vuote che hanno unicamente il carattere di «convenzioni» senza la minima portata effettiva? "

1 ora fa, Satori dice:

ma quella più radicale sta nell’oggetto. Quello della scienza concerne il mondo fenomenico e, in questo, solo quella parte i cui fenomeni si prestano a riproducibilità. Se un fenomeno non è replicabile da chiunque, atteso il rispetto delle medesime condizioni, qualunque cosa se ne possa desumere, non può essere ritenuto scienza. Pertanto, l’oggetto della scienza non riguarda l’intero processo natura, ma, di questo, solo la parte replicabile.

Ho citato Popper perché condivido il suo schema: 1) problema; 2) tentativo di soluzione; 3) Eliminazione degli errori. E' una falsa idea che nella scienza si prende il via dalle percezioni sensoriali o dalle osservazioni, mentre la situazione problematica ha la forza di suscitare lo sviluppo scientifico. Lo specifico della scienza umana sta nell'applicazione consapevole del metodo critico. Nel suddetto schema i tentativi di soluzione devono essere oggettivati  in maniera tale da poter essere confutati o falsificati.

Il progresso scientifico consiste fondamentalmente nel fatto che le teorie vengono superate e sostituite da altre teorie. Queste nuove teorie devono essere in grado di risolvere almeno altrettanto bene tutti quei problemi che erano risolti dalle vecchie teorie (il caso che avevo citato tra la teoria gravitazionale di Einstein e quella di Newton è calzante). Popper ha scritto "..Dai giorni della teoria gravitazionale di Einstein abbiamo ragioni per supporre che la meccanica di Newton è falsa; sebbene questa rappresenti una eccellente approsimazione. Ma, in ogni caso, come quella di Newton così anche la teoria di Einstein è falsificabile......"

2 ore fa, Satori dice:

Ragazzi, io ci ho riflettuto a lungo, e la mia conclusione è che, anche se contro intuitiva, la tesi di Whrof è vera.

Condivido le tesi espresse, precisando inoltre che quando si dice che una proposizione è un pensiero linguisticamente epresso, si dice una cosa giusta, ma non si evidenzia abbastanza nettamente questa oggettività della proposizione. Ciò dipende dalla ambiguità del termine "pensiero". Come in modo del tutto particolare hanno sottolineato filosofi come Bolzano e, dopo di lui, Frege occorre distinguere il processo soggettivo del pensiero dal contenuto oggettivo o dal contenuto logico o informativo del pensiero. 

Satori non hai fato commenti sulla citazione di Dostoevskij...........strano!!

Poichè sono anch'io amante della verità (forse non al tuo livello), concludo con questa citazione di Niels Bohr: "Ci sono due tipi di verità: le verità semplici, dove gli opposti sono chiaramente assurdi, e le verità profonde, riconoscibili dal fatto che l'opposto è a sua volta una profonda verità".

Buon forum, Raf

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Intanto, grazie, Rafelnikov,

ti confesso che di tanto in tanto soffro di solitudine “intellettuale”.

Avrei molti punti da trattare, ma mi limiterò ad accennarne due.

Premetto, e so di correre il rischio di apparire molto presuntuoso, che secondo me né Quine, né Russell, né Popper, né Wittgenstein, hanno colto il nocciolo della questione. Ci si è avvicinato Wittgenstein, ma si è fermato, perché, nella mia opinione, non era nella sua natura un cambio di paradigma così radicale.

Partiamo da Popper, visto che me lo servi:

“Popper ha scritto "..Dai giorni della teoria gravitazionale di Einstein abbiamo ragioni per supporre che la meccanica di Newton è falsa; sebbene questa rappresenti una eccellente approsimazione. Ma, in ogni caso, come quella di Newton così anche la teoria di Einstein è falsificabile.”

 

Rilevo che, stando proprio alle premesse epistemologiche di Popper, è errato affermare che la Meccanica di Newton sia falsa; non è né vera né falsa (sempre stando alle sue premesse, che qui non voglio discutere), ma è quanto di meglio un ingegno eccelso come quello di Newton disponeva alla sua epoca. Oggi, ne ridiamo, e facciamo male, così come facciamo male a prostraci davanti alle due Teorie di Einstein, perché, esattamente come quelle di Newton, saranno falsificate, e rimpiazzate da altre, in una serie interminabile di falsificazioni che avranno fine con la scienza stessa. Questo si sa, è sulle conseguenze di questo che non mi trovo d’accordo con nessuno dei filosofi su citati. Cominciamo da: “sebbene questa rappresenti una eccellente approsimazione”; a cosa? A nulla di reale (contrariamente a quanto è stato fatto pensare alla gente “ordinaria”, ingannandola deliberatamente, allo scopo di imporre la Scienza come autorità totalizzante), ma solo:

 

A, a modelli sempre più rarefatti di astrazione;

 

B, a ricadute tecnologiche tali da alimentare l’illusione di governare la natura e il proprio stesso destino (vedi quella follia chiamata transumanesimo).

 

A questo proposito, scrive A.N. Whitehead che, come mi insegni, pose le basi assieme a Russell della matematica moderna: “Quando hai capito tutto sul sole, sull’atmosfera e sulla rotazione della Terra, puoi ancora non cogliere lo splendore del tramonto. Non c’è nulla che possa sostituire la percezione diretta del reale compimento di una cosa nella sua immediatezza”. (Corsivo mio).

 

Whitehead parla esplicitamente di percezione diretta del reale nella sua immediatezza, chiaro? “Immediatezza” vuol dire (Whitehead fu un eccelso conoscitore del significato delle parole) sia mancanza di un tramite, sia atemporalità. Quanto al primo senso, il tramite è dato dalla ratio e del linguaggio; quanto al secondo, la atemporalità azzera radicalmente ogni fenomenologia, giacché i fenomeni si nutrono di tempo, mentre la atemporalità è esattissimamente sinonimo di eternità (che è non-tempo, da non confondere con perpetuità, che è estensione indefinita della durata-tempo). Entrambe le accezioni sono sintetizzate nel termine cinese “Kuan”, di cui, per quanto ne so, non esiste equivalente in alcuna lingua occidentale.

 

E dunque, prima domanda; una volta che capito tutto sul sole, l’atmosfera, la rotazione, ecc…, ossia, una volta che hai messo l’Universo in filastrocca (sappiamo che non è possibile, ma diamo per scontato di trovarci alla milionesima falsificazione di una teoria fisica), se Whitehead ha ragione – per me ce l’ha, e in ogni caso non contraddice l’epistemologia popperiana – cosa abbiamo colto del Reale, se nulla può sostituire la sua percezione diretta? Se fossimo al bar dello sport, risponderei: una mazza!

 

Azz… si è fatto tardissimo per una cosa che insomma … lasciamo perdere, il resto alla prossima, con un commento a:

 

“Condivido le tesi espresse, precisando inoltre che quando si dice che una proposizione è un pensiero linguisticamente epresso, si dice una cosa giusta, ma non si evidenzia abbastanza nettamente questa oggettività della proposizione. Ciò dipende dalla ambiguità del termine "pensiero". Come in modo del tutto particolare hanno sottolineato filosofi come Bolzano e, dopo di lui, Frege occorre distinguere il processo soggettivo del pensiero dal contenuto oggettivo o dal contenuto logico o informativo del pensiero”

 

Ecco, più precisamente, è proprio su questo punto che, secondo me, i grandi epistemologi hanno si sono incartati.

Un saluto a tutti.

P.s.

Caro Rafelnikov, certo che avevo colto il tuo riferimento a Fedor…

Modificato: da Satori
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Caro Satori, è un piacere discutere con te.......ed effettivamente gli argomenti aperti si prestano ad ampliamento considerevole.

Però cercando di rimanere su qualche punto che che ci distanzia....forse ce la possiamo fare.

3 ore fa, Satori dice:

Rilevo che, stando proprio alle premesse epistemologiche di Popper, è errato affermare che la Meccanica di Newton sia falsa; non è né vera né falsa (sempre stando alle sue premesse, che qui non voglio discutere), ma è quanto di meglio un ingegno eccelso come quello di Newton disponeva alla sua epoca. Oggi, ne ridiamo, e facciamo male, così come facciamo male a prostraci davanti alle due Teorie di Einstein, perché, esattamente come quelle di Newton, saranno falsificate, e rimpiazzate da altre, in una serie interminabile di falsificazioni che avranno fine con la scienza stessa. Questo si sa, è sulle conseguenze di questo che non mi trovo d’accordo con nessuno dei filosofi su citati. Cominciamo da: “sebbene questa rappresenti una eccellente approsimazione”; a cosa? A nulla di reale (contrariamente a quanto è stato fatto pensare alla gente “ordinaria”, ingannandola deliberatamente, allo scopo di imporre la Scienza come autorità totalizzante),

Premesso che considero anch'io Newton un genio (ognuno vive il suo tempo, non ci sono gare), però provo a rispondere alla tua domanda.

Einstein era perfettamente consapevole che la sua teoria, al pari di ogni altra teoria scientifica, fosse un tentativo provvisorio di soluzione, e dunque di natura ipotetica. Egli addusse le ragioni per le quali la sua teoria era da considerarsi lacunosa e insoddisfacente dalla prospettiva del suo programma di ricerca; e presentò una serie di requisiti che una adeguata teoria avrebbe dovuto soddisfare. Ma quello che egli pretendeva per la sua originaria teoria gravitazionale era che essa fosse una approssimazione migliore alla teoria da cercare di quanto lo fosse la teoria gravitazionale di Newton e che perciò fosse una migliore approssimazione alla verità. L'idea di avvicinamento alla verità è una delle più importanti idee della teoria della scienza. Questo dipende dal fatto che la discussione critica di teorie in competizione è di enorme importanza. Ma una discussione critica viene regolata da precisi valori. Essa necessita di un principio regolativo o, nella terminologia kantiana, di un'idea regolativa. Tre sono le idee più importanti, tra le idee regolative che governano la discussione critica: 1) l'idea di verità; 2) l'idea di contenuto logico ed empirico di una teoria; 3) l'idea di contenuto di verità di una teoria e di avvinamento alla verità.

Che l'idea di verità domini la discussione critica lo si evince dal fatto che si discute criticamente una teoria nella speranza di eliminare le teorie false. La seconda idea regolativa, ci porta a cercare teorie con grande contenuto informativo, con la conseguenza che quanto più asserisce una teoria tanto più grande è il rischio che la teoria sia falsa. Esempi di teorie con grande contenuto logico sono sia la teoria gravitazionale di Newton che quella di Einstein, o la teoria quantistica delle particelle. Queste teorie hanno, come già detto, un grande contenuto logico e un grande contenuto empirico. Questi due concetti di contenuto possono venir chiarificati nel modo che segue: il contenuto logico di una teoria è la quantità delle sue conseguenze, cioè l'insieme o la classe di tutte le proposizioni che possono venir logicamente dedotte  dalla teoria in questione. Ancor più interessante è l'idea di contenuto empirico di una teoria. Partiamo dalla constatazione che una legge di natura empirica o una teoria empirica proibisce certi eventi osservabili. In altri termini l'insieme o la classe di proposizioni empiriche che stanno in rapporto di contraddizione con la teoria può essere definita anche come una possibilità di falsificazione della teoria in questione. Cioè se una possibilità di falsificazione viene effettivamente osservata, la teoria è allora empiricamente falsificata. E' interessante che la teoria più dice, più grande è l'insieme dei suoi falsificatori potenziali. Essa dice di più e può, quindi, risolvere più problemi: la sua potenziale forza esplicativa è più grande. Da questa prospettiva riconfrontiamo le due teorie gravitazionali di Newton e di Einstein. E subito si vede che il contenuto empirico e la forza esplicativa della teoria di Einstein sono più grandi di quella di Newton. Quella di Einsten, infatti, asserisce molto di più.  Essa descrive non solo tutti i tipi di movimento descritti dalla teoria di Newton, in special modo le orbite dei pianeti, ma anche l'influsso della gravitazione sulla luce: una famiglia di problemi su cui Newton non ha niente da dire nè nella sua teoria gravitazionale nè nella sua ottica. La teoria di Einstein è anche più rischiosa: essa può di principio venir falsificata ad opera di osservazioni che non sfidano la teoria di Newton. E questo sta a dirci che il contenuto empirico, l'insieme dei falsificatori potenziali, è più grande del contenuto empirico della teoria di Newton. Di conseguenza, essa è inoltre molto più rigorosamente controllabile di quella di Newton, la quale è pure molto severamente controllabile. Se essa resiste a questi controlli, se supera queste prove, non possiamo propriamente dire che essa è vera, giacchè essa può venir falsificata in successivi controlli; noi però possiamo dire che non solo il suo contenuto empirico, ma che anche il suo contenuto di verità è più grande di quello della teoria di Newton: ciò signidica che l'insieme delle proposizioni vere, da essa deducibili è maggiore di quello che è possibile dedurre da quella di Newton. E possiamo per di più dire che la teoria di Einstein, alla luce della discussione critica, dove si fà pienamente uso anche dei risultati delle prove sperimentali, appare come una migliore approssimazione alla verità.

L'idea di approsimazione alla verità presuppone - come d'altronde anche l'idea di verità in quanto principio regolativo - una visione realistica del mondo. Essa non preesuppone che la realtà è tale quale viene descritta dalle nostre teorie scientifiche; ma presuppone che c'è una realtà e che noi con le nostre teorie, le quali sono idee da noi stessi create e dunque sempre idealizzazioni, possiamo avvinicinarci sempre di più ad una descrizione adeguata della realtà usando il metodo del tentativo e dell'errore.

Dopo l'introduzione del concetto di realtà è opportuno fermarmi, immaginando il fiume in piena di concetti che mi potresti giustamente fornire.

Satori, comunque, ti chiedo scusa della lunghezza, ma non era semplice rispondere sinteticamente.

Buona notte, Raf

Modificato: da Rafelnikov
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Grazie, Rafelnikov, a nome personale e dei tre asceti che stanno seguendo questa discussione, per la eccellente esposizione che hai prodotto; devo ammettere che io stesso dubito sarei stato capace di mettere assieme una così stringata sintesi e tanta chiarezza. Davvero complimenti. Dopo la leccatina, fatale, arriva la terrificante congiunzione avversativa “ma”. Questo “ma” non si riferisce al resoconto, in sé, della posizione di maggioranza della comunità scientifica sul tema; esso, ripeto, è eccellente; effettivamente, quello da te esposto è un resoconto corretto. Il “ma” si riferisce, qui sono costretto a semplificare, a pochi punti precisi; che tuttavia costituiscono il punto nodale della nostra questione.

Scrivi:

Nel suddetto schema i tentativi di soluzione devono essere oggettivati  in maniera tale da poter essere confutati o falsificati”.

Oggettivati” come? Da dove salterebbe fuori un criterio la cui proprietà di oggettività sia in esso stesso intrinsecamente presente? Sia la selezione dei tentativi di soluzione, sia i criteri di oggettivazione non si impongono da soli, come avessero un’intrinseca e irresistibile autorità; entrambi sono frutto della scelta di un agente, che essendo un soggetto, può partire soltanto da se stesso, e quindi non può che essere soggettivo. Altri agenti, presso le medesime condizioni, avrebbero verosimilmente fatto, o potuto fare, scelte diverse, e così avremmo avuto teorie esplicative diverse, a fronte di fenomeni identici.  So che risponderai: “La teoria migliore sarà quella che spiega più fatti e permette migliori previsioni”. Bene, certo; ma questo ragionamento (non mi riferisco te Rafelnokov) ha il vizio della circolarità e delle regressione infinita. Chi è che decide quali siano i fatti rilevanti; chi è che decide quali siano le previsioni importanti, e il metro di valore che da scarso porta a sufficiente, da sufficiente a buono, e da buono a ottimo? Non potrà che farlo un soggetto che, per cercare di essere oggettivo, dovrà elaborare una metateoria, la quale, alla fine lo porterà nella medesima situazione di partenza. Salvo ripartire con una meta-metateoria…

Questo cappio è noto, Rafelnikov, e non c’è modo di toglierselo dal collo, lo cacci dalla porta e rientra dalla finistra. È l’incompletezza in sé medesima, come Godel dimostrò per l’aritmetica.  

Altra cosa, scrivi:

'idea di avvicinamento alla verità è una delle più importanti idee della teoria della scienza. Questo dipende dal fatto che la discussione critica di teorie in competizione è di enorme importanza. Ma una discussione critica viene regolata da precisi valori. Essa necessita di un principio regolativo o, nella terminologia kantiana, di un'idea regolativa. Tre sono le idee più importanti, tra le idee regolative che governano la discussione critica: 1) l'idea di verità; 2) l'idea di contenuto logico ed empirico di una teoria; 3) l'idea di contenuto di verità di una teoria e di avvinamento alla verità.

 

Che l'idea di verità domini la discussione critica lo si evince dal fatto che si discute criticamente una teoria nella speranza di eliminare le teorie false”.

 

Ecco, è precisamente questo il punto cruciale. Il significato di “verità” in ambito scientifico, che non coincide né con quello teologico (poco male, dirà che di teologia sa nulla), né con quello filosofico, almeno per ciò che la filosofia fu prima di diventare ancella della scienza, anziché viceversa.

 

Parto diretto.

 

La Verità non interessa né può interessare la scienza, che, per definizione si occupa del finito del relativo e del misurabile. Lo scienziato in quanto uomo può interessarsi alla Verità; mentre per la scienza in quanto tale, e aggiungo, in perfetta coerenza, la Verità è una nozione priva di significato; dal momento che i casi possibili sono soltanto due:

1°, la Verità (maiuscolo) non esiste, è solo un termine il cui uso residuo è dovuto a un errore di definizione, e quindi non può trovare alcun pregio nel lessico scientifico, oppure;

2°, oppure la Verità esiste. Se così, non troverebbe a fortiori pregio nella scienza, dato che

Essa, nella nostra ipotesi, non potrebbe che essere infinita, assoluta, e incommensurabile.

Pertanto, la verità cui fai riferimento nel tuo post deve avere altra connotazione; con ogni evidenza ti riferisci alla verità relativa, concernente il fenomenico. Certo, ma quale ne è il fondamento? Atteso che per la scienza non ha senso parlare della Verità Assoluta, cos’è che renderebbe vera una verità relativa? Uhm … conosco la risposta: l’analisi empiro-critica per mezzo della ragione. Ah sì? E su cosa fonda la certezza che la ragione sia razionale, visto che per stabilirlo dobbiamo partire proprio dalla razionalità che vorremmo dimostrare? Dilemma senza soluzione; già affrontato da Platone, nella polemica contro i sofisti. Tutt’oggi e per l’eternità irrisolvibile, eppure, su questa irrisolvibilità si fonda l’edificio di tutto il pensiero moderno.

Difatti, coerentemente, un filosofo di primissimo piano come Richard Rorty afferma che non esiste alcun modo per fondare la conoscenza, portando alle ultime conseguenze il relativismo da cui nasce l’idea stessa di scienza modernamente intesa. In questo, Rorty è coerente, mentre la maggior parte dei filosofi contemporanei (tralascio la filosofia continentale, non trovandoci alcuna Sophia, e neppure un accenno di filos) non lo è. La scienza si occupa del contingente, e quindi, per esigenze epistemologiche, ma anche per dovere di chiarezza lessicale, occorre chiedersi quali siano i rapporti tra la contingenza e le verità relative. La sola cosa che una filosofia può fare una volta assunto il contingente e il relativo come orizzonte ultimo, è, metodologicamente, arrivare fino in fondo*. E così, come in tutta la filosofia contemporanea coerente, e quindi dietro ogni opera della modernità,  alla fine, in fondo, si trova il nulla. Solo approdo possibile della premessa. Per cui, sempre citando Rorty: “la verità è semplicemente il complimento tributato ad un enunciato che si sia dimostrato utile”. Nella scienza, del tutto empiricamente, verità e utilità coincidono. Sono pienamente d’accordo con Rorty. Per quale ragione, altrimenti, uno dei criteri fondanti del metodo, oltre alla falsificabilità, è la capacità predittiva? La ragione mi pare tanto ovvia, che troverei poco rispettosa una spiegazione. E quindi trova ancora conferma l’assunto di Rorty (che certamente non è il solo su questa linea). Sarà un nichilista, ma su questo ha ragione.

Si tratta, per concludere, di intendersi sui significati: se è questo che la scienza intende per verità, allora posso accettare il termine. Ma se questa è l’accezione, essa (verità, anche contingente) non ha alcun rapporto col reale; essendo il concetto di utile quanto di più convenzionale, aleatorio, ed evanescente, concepibile. Se per “conoscenza”, si intende quella di modelli tali da poter fare delle previsioni sul comportamento di sistemi e processi, allora, anche in questo caso e con questa precisa accezione, la scienza rende disponibili conoscenze. Solo che tale “conoscenza” nulla ha a che spartire con la autentica conoscenza del reale, che altro non può essere, nella definizione dell’aquinate, “adequatio rei et intellectus”. Per la scienza, “intellectus” nella accezione aristotelico-tomista, non ha alcun significato.  

Il che è quanto volevasi dimostrare. 

 

 

*

Qui tralascio l’insuperabile contraddizione in termini di ogni relativismo, che si trova impossibilitato a fondare se stesso, non essendoci, nella sua stessa definizione, fondamento alcuno. Tralascio pure l’altra insuperabile contraddizione di tutta la modernità: aver decorticato l’essere umano dall’Intelletto, riducendolo a una mera unità di computo biologica, la cui essenza deriva dalla cieca casualità, e il cui destino coincide con essa. Insomma, la cialtronata del darwinismo (paleo, neo, post, meta, ecc…) in due parole: prima c’è l’assoluto zero cognitivo, il nadir della (in)coscienza; poi, per miracolo, mentre il tempo passa, attraverso innumerevoli permutazioni e combinazioni di zeri, spunta qualcosa di diverso da zero. Boh!!! Ma questa è una divagazione dal tema principale.  

P.s.

Se ci campo, mi piacerebbe commentare questo:

“Condivido le tesi espresse, precisando inoltre che quando si dice che una proposizione è un pensiero linguisticamente epresso, si dice una cosa giusta, ma non si evidenzia abbastanza nettamente questa oggettività della proposizione. Ciò dipende dalla ambiguità del termine "pensiero". Come in modo del tutto particolare hanno sottolineato filosofi come Bolzano e, dopo di lui, Frege occorre distinguere il processo soggettivo del pensiero dal contenuto oggettivo o dal contenuto logico o informativo del pensiero”

 

P.s.2

A proposito di cosa è scienza e cosa non lo è; e sulla scorta di una domanda fattami di recente da J-J sui vaccini; e ancora su una bella mazzuliata tra il Prof. e me sulla truffa aids; e per finire sul peso determinante che la Politica ha sulla comunità scientifica, (su tutto ciò) allego un link col commento di Blondet (che uso prendere con le pinze, ma che ha le palle che gli fumano) sulla condanna del Dr. Rossaro, per non essersi piegato al totalitarismo imperante. Bene, proprio nella speranza di rendermi (ancor più) antipatico ai sacrestani di tutto ciò che è politicamente corretto, dichiaro che mi consta personalmente la remissione totale di due casi di cancro giudicati inguaribili, con la cura Di Bella. Presto arrestereranno anche lui.

Ecco il link:

http://www.maurizioblondet.it/solidarieta-al-dottor-paolo-rossaro-perseguitato/

Infinita vergogna!!!!!!!!!!!!!!!!!!! E ancora vergogna, per sempre.

 

Modificato: da Satori
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Grazie anche a te, Satori, che stimoli finemente la discussione. Non è facile, viste le innumerevoli aperture a cui si prestano i tuoi interventi.....
 
Il 15/6/2017 at 17:23, Satori dice:

"Oggettivati” come? Da dove salterebbe fuori un criterio la cui proprietà di oggettività sia in esso stesso intrinsecamente presente?

 
Oggettivazione? Premesso che è chiara la netta influenza delle tesi popperiane in quanto ho scritto, ovviamente perché strumentali a quanto volevo dire, restando sempre in un ambito ipotetico.
La formulazione linguistica di un pensiero (meglio se scritto) diventa disponibile per una generale discussione critica. In questo senso è oggettivata: essa può venir affermata in modo congetturale da altri o anche da me stesso, ma può venir anche congetturalmente negata.
A suo tempo avevo riflettuto sulla tesi di Popper che sosteneva che con le funzioni superiori del linguaggio sorge un nuovo mondo: il mondo dei prodotti dello spirito umano. Aveva chiamato questo mondo "mondo 3" per distinguerlo dal "mondo 1" costituito dalla materia fisica, campi di forze, ecc. e dal "mondo 2" quello fatto dalle esperienze coscienti e inconscie. Tra i tre mondi c'è una continua intereazione ed appare anche chiaro che il mondo 3 è senz'altro geneticamente il prodotto del mondo 2, ma anch'esso, tuttavia, ha una sua struttura, la quale è parzialmente autonoma. Buoni esempi ci vengono dalla matematica. La serie dei numeri naturali 1,2,3,..... e così di seguito è, credo, un prodotto del nostro linguaggio. Vi sono lingue primitive che conoscono solo "1, 2 e molti". La serie infinita dei numeri naturali è (come d'altronde il linguaggio umano) una grande invenzione. Ma i numeri primi non li ha inventati nessuno; sono stati scoperti nella serie dei numeri naturali, e certamente non da chiunque, ma dagli uomini che studiano questi numeri e loro caratteristiche (da matematici). Se si guardano le cose storicamente, si può allora dire che i numeri primi furono inventati insieme ai numeri naturali; ma essi non esistettero nel mondo 2 della coscienza umana prima che fossero scoperti, certamente molte centinaia di anni dopo. Possiamo dire che esistevano nel mondo 3 insieme e simultaneamente ai numeri naturali; esistevano dunque in una parte autonoma del mondo 3, prima della loro scoperta. Possiamo, anzi dobbiamo dire che l'esistenza dei numeri primi nel mondo 3 è stata una delle cause dei processi di pensiero all'interno del mondo 2 che hanno condotto alla loro scoperta - esattamente come l'esistenza del monte Everest fu una causa che portò il servizio geodetico indiano alla sua scoperta.
I mondi 1, 2 e 3, infine e sebbene siano parzialmente autonomi, appartengono tuttavia allo stesso universo: essi stanno in relazione reciproca. Ma si può facilmente dimostrare che la conoscenza dell'universo, nella misura in cui essa stessa è una parte dell'universo (come di fatto lo è), necessariamente non é completabile. 
Su questo punto siamo sicuramente d'accordo. Tirare in ballo il teorema di Godel o altri toeremi metamatematici di incompletezza significa usare un armamento molto pesante contro una posizione relativamente debole.
 
Altri tuoi punti meritano un commento, ma per ora mi fermo solo alla domanda che ho quotato.
 
Alla prossima, Raf
 
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Il 15/6/2017 at 17:23, Satori dice:

A proposito di cosa è scienza e cosa non lo è; e sulla scorta di una domanda fattami di recente da J-J sui vaccini

Rossaro è solo un'altra strega messa al rogo da questa inquisizione post2000..
In questa diatriba  tra vaccinisti e antivaxx, mi sembra evidente che siano questi ultimi a subire (con poche possibilità di scampo) l'autorità della scienza totalitaria.
Tuttavia non mi schiero.
Sono convito che (a parti invertite) gli anti vaccinisiti  starebbero lì anche loro ad imporre a loro volta le scelte che ritengono essere le scelte giuste, infischiandosene dell'altrui diritto di scelta.

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Mio figlio Eugenio oggi ventenne, a seguito del vaccino trivalente ( ritirato poi dal commercio ) ebbe una violentissima febbre molto alta che durò per giorni e in nessun ospedale riuscirono a fargliela scendere, quando passò smise di iniziare a parlare e comparvero comportamenti tipici dell'autismo , oggi Eugenio è da anni in comunità, la madre morì  a seguito di un forte stress protatto per anni, la cartella clinica spari dall'ospedale delle Molinette, alcuni dottori affermarono che diversi soggetti erano diventati autistici a seguito di questa porcheria " trivalente ".

Detto questo , perché le case farmaceutiche non predispongono dei test per verificare se un soggetto è allergico a qualche diavolo di miscela immessa in un organismo umano? troppo costoso vero? gia ma tanto capita  ad un soggetto su 500.000 mila che sia allergico pazienza, basta non essere quell'uno ... è la vita.

Era sano ed iniziava  a parlare, mi è stata tolta tutta l'infanzia di Eugenio , mi restano solo i problemi, dimenticavo.. sono il padre dell' uno su 500.000 tutti altri sono stati vaccinati e stanno bene.

sono contro i vaccini? sono contro l'avidità umana .

 

feclitià 

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4 ore fa, jackjoliet dice:

Rossaro è solo un'altra strega messa al rogo da questa inquisizione post2000..
In questa diatriba  tra vaccinisti e antivaxx, mi sembra evidente che siano questi ultimi a subire (con poche possibilità di scampo) l'autorità della scienza totalitaria.
Tuttavia non mi schiero.
Sono convito che (a parti invertite) gli anti vaccinisiti  starebbero lì anche loro ad imporre a loro volta le scelte che ritengono essere le scelte giuste, infischiandosene dell'altrui diritto di scelta.

Mi piacerebbe sapere perché sei convinto che a ruoli invertiti, la parte ora soccombente si comporerebbe allo stesso modo, su quali basi, quali elementi?. Non tutti gli esseri umani patiscono la mentalità totalitaria. Infatti, sono proprio coloro che si dicono contrari alla coercizione alla sommnistrazione di vaccini, che tracciano un confine netto e invalicabile tra diritto alla salute e dovere alla salute. Sempre nella ipotesi, puramente remota, che i totalitari (guarda caso anche stavolta gli umani) siano titolari della "verità scientifica", su cui qui si dibatte.

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2 ore fa, emgus dice:

Mio figlio Eugenio oggi ventenne, a seguito del vaccino trivalente ( ritirato poi dal commercio ) ebbe una violentissima febbre molto alta che durò per giorni e in nessun ospedale riuscirono a fargliela scendere, quando passò smise di iniziare a parlare e comparvero comportamenti tipici dell'autismo , oggi Eugenio è da anni in comunità, la madre morì  a seguito di un forte stress protatto per anni, la cartella clinica spari dall'ospedale delle Molinette, alcuni dottori affermarono che diversi soggetti erano diventati autistici a seguito di questa porcheria " trivalente ".

Detto questo , perché le case farmaceutiche non predispongono dei test per verificare se un soggetto è allergico a qualche diavolo di miscela immessa in un organismo umano? troppo costoso vero? gia ma tanto capita  ad un soggetto su 500.000 mila che sia allergico pazienza, basta non essere quell'uno ... è la vita.

Era sano ed iniziava  a parlare, mi è stata tolta tutta l'infanzia di Eugenio , mi restano solo i problemi, dimenticavo.. sono il padre dell' uno su 500.000 tutti altri sono stati vaccinati e stanno bene.

sono contro i vaccini? sono contro l'avidità umana .

 

feclitià 

La tua vicenda, caro amico, oltremodo tragica, non smuoverà neppure un capello nella testa di chi si è auto proclamato il sale della terra e la corona della creazione. Costoro si credono i prescelti per la realizzazione della "sorti progressive della Storia". Quando i dormienti si renderanno conto di quanto i prescelti sono pericolosi e distruttivi, sarà troppo tardi..

Mi spiace, davvero. 

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Anche stavolta, Rafelnikov, la tua esposizione della posizione di Popper è inappuntabile; ciò non vuol dire che la posizione di Popper lo sia, nel senso che sia esente da critiche. Non sto sostenendo, sennò lo sosterrei, che la sua impostazione metodologica sia del tutto errata, è una delle tante possibili, vera, nella misura in cui lo sono le premesse esplicite e, ancor più importante, implicite. A proposito di queste ultime, come non pensare a Feyerabend, che certamente coglie nel segno allorché denuncia la ben poco epistemologica faciloneria con cui si sussume che i “fatti” siamo fatti e basta. Ossia che esista un dato ultimo (o primo) irriducibile di natura, che si impone trascendendo ogni cornice di riferimento. È del tutto ovvio che tale premessa (implicita) è errata, dato che, al contrario, si impone con assiomatica evidenza che un processo/fenomeno diventa tale (anziché passare inosservato) solo in rapporto alle cornici di riferimento di cui parlavo, che Feyerabend chiama “quadri”. Un fenomeno diventa tale solo se esiste, e solo nella misura in cui sia cosciente, un soggetto che abbia la facoltà di concepirlo ed eventualmente percepirlo. I “fatti” cioè, sono un processo relativo al contesto, e dato che i contesti sono indefiniti e innumerabili, il relativismo già presente nella epistemologia popperiana, fa, del tutto logicamente, un passo ulteriore verso ciò che stato chiamato” anarchismo epistemologico”. (Il sole, lo stesso sole, è una cosa completamente diversa per un maori, per un bambino, per un ragioniere, e per un astronomo. Uno scienziato vero questo lo sa, uno scientista no. Qual è il criterio di verità per stabilire, oggettivamente, quale sole è quello vero, o quello più vero?).  

Questa mi pare la parte più interessante (purtroppo destruens) dell’apporto feyderabendiano; il resto, soprattutto la sua critica della ragione, facendo uso della ragione stessa, rischia di farmi inabissare nei pantani della noia. Però ci riporta al punto, che non concerne l’analisi critica dei singoli approcci epistemologici (di cui si potrebbe magari discutere; ad esempio, avrei da muovere a Popper delle critiche piuttosto radicali), ma, come ho scritto a più riprese, il significato e i limiti, all’interno della Scienza, di due precisi termini:

1°, conoscenza,

 2°, oggettività.

Circa il secondo, ho già prodotto un argomento al quale, sicuramente per ragioni di tempo, non hai obiettato, questo:

Nella scienza, del tutto empiricamente, verità e utilità coincidono. Sono pienamente d’accordo con Rorty. Per quale ragione, altrimenti, uno dei criteri fondanti del metodo, oltre alla falsificabilità, è la capacità predittiva? La ragione mi pare tanto ovvia, che troverei poco rispettosa una spiegazione. E quindi trova ancora conferma l’assunto di Rorty (che certamente non è il solo su questa linea). Sarà un nichilista, ma su questo ha ragione. Si tratta, per concludere, di intendersi sui significati: se è questo che la scienza intende per verità, allora posso accettare il termine. Ma se questa è l’accezione, essa (verità, anche contingente) non ha alcun rapporto col reale; essendo il concetto di utile quanto di più convenzionale, aleatorio, ed evanescente, concepibile.

 

Bene, se su questo siamo d’accordo, direi che il confronto dialettico ha portato chiarezza; diversamente, sempre che tu ritenga valga la pena farlo, esponimi le ragione del disaccordo.

Al mio argomento, volto a mostrare l’illusorietà dell’oggettività scientifica, aggiungo quello appena accennato di Feyerabend; anche questo, seppure da una visuale molto diversa dalla mia, secondo me insuperabile.

Quanto poi alla “conoscenza”, che io nego trovi il minimo luogo nel discorso scientifico, spero che qualora tu dissenta (cosa che non ho capito), mi mostri l’oggetto del disaccordo. Che secondo me non avrebbe dove poggiare, dato che la tesi fondante di Popper, per limitarmi a lui, è che “la conoscenza umana è incerta, poiché non vi sono verità evidenti su cui poterla fondare”. Insomma, consentimi d’essere ironico, anche perché, per carattere, non patisco l’autorità dei mostri sacri; non essendovi (per Popper) verità evidenti, su cui fondare la conoscenza, su cosa la fondiamo, sulle verità non evidenti? L'avvicinamento alla conoscenza di cui parla Popper, ma qui mi ripeto, riguarda il metodo, non la sfera ontologica; cosa di cui la scienza - ripeto ancora, legittimamente - non si occupa.

La radice di queste irrisolvibili contraddizioni fu conficcata nel terreno della cultura occidentale da Cartesio, col suo “Cogito, ergo sum”, delizia dell’antropomorfismo > razionalismo > umanesimo > transumanesimo. L’illusione che il pensiero, che è l’astrazione del e dal reale, preceda causalmente il reale; che possa darsi un cogito non dipendente, ontologicamente, da un esse. Errore madornale e fatale. Se si capisce questo, in totale controtendenza col modernismo, ci si è liberati dal cappio del boia.   

.       

Modificato: da Satori
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3 ore fa, Satori dice:

Mi piacerebbe sapere perché sei convinto che a ruoli invertiti, la parte ora soccombente si comporerebbe allo stesso modo, su quali basi, quali elementi?.

perché sono ne più e ne meno due tifoserie.
Sono veramente pochi coloro che hanno motivi validi, o validissimi per contestare la somministrazione del vaccino, tutti gli altri sono facinorosi e spaccavetrine che hanno deciso di sposare una causa e quindi vanno avanti per fede..
Naturalmente non mi riferisco al prof Stefano Montanari che ha espresso perplessità o al premio nobel Luc Montagnier che metteva in relazione alcuni vaccini con alcune forme di autismo o al Radiologo Roberto Gava che insieme ad altri 100 dottori ha redatto una lettera cercando proprio di tracciare quel confine tra diritto alla salute e dovere alla salute... mi riferisco alle altre centinaia di migliaia di tori imbufaliti che vedono rosso e caricano.
Parafrasando quanto tu stesso hai scritto qualche giorno fa: gli stessi soggetti che nell’arco di questi ultimi anni, ci  hanno fatto il lavaggio del cervello portandoci a credere che la via delle vaccinazioni sia l'unica strada percorribile,  se solo volessero, forse ancora in minor tempo, potrebbero portare la massa alla demonizzazione di ogni tipo di vaccino.
In quel caso gli spaccavetrine di una parte e dell'altra, le due tifoserie, semplicemente seguiterebbero a fare l'una quello che faceva l'altra.

 

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Quasi tutto sottoscrivibile. Riconfermo che all'"uomo della folla" (titolo di un profondissimo racconto di Poe) si può far credere e far fare qualsiasi cosa. Se è vero, occorre trarne la conseguenze: la democrazia è un sistema di dominio oligarchico persino peggiore degli altri; giacché fonda su un inganno intrinseco.

Ciò detto e confermato, gli spaccavetrine hanno una matrice ideologica precisa e inequivoca: sono residui teppistici del disfacimento dell'ideologia marxista; utilizzati, alla stregua di utili idioti, dalle centrali del potere, soprattutto dai Servizi. A costoro è facilissimo far fare qualsiasi cosa, anche sgolarsi per il bianco e nero, contemporanemente. Nel caso di specie, la mossa migliore, fossi un capoccia dei Servizi, sarebbe utilizzare questi idioti per sostenete la causa anti vaccini. Si chiama doppio, triplo, quadruplo, depistaggio. La questione va risolta a monte, e come sempre passa attraverso la comprensione dei processi in atto; e in questo caso la soluzione è semplice: segui i soldi!  Ma ancora più in alto, sta la capacità di discernere il giusto dall'ingiusto, il bene dal male.

Imporre ope legis (per forza e con la forza di legge) l'inoculazione dei vaccini, è un fatto criminale; chi si oppone, caro J-J, non è un criminale di segno contrario. Anche se può essere un bandito per molte altre ragioni. Chiara la differenza?

Modificato: da Satori
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P.s.

Addenda, se è vero questo che scrivi:

2 ore fa, jackjoliet dice:

Sono veramente pochi coloro che hanno motivi validi, o validissimi per contestare

... ecc... devi trarne le ineluttabili conseguenze. Ossia, sono sempre e comunque, e a proposito di qualsiasi cosa, pochi coloro che hanno motivi validi (ossia: giusti e veri) per qualsiasi cosa. Il paradosso, del tutto apparente, è che spesso capita persino che qualcuno possa fare e pensare la cosa giusta, per ragioni del tutto sbagliate. Hai ragione anche sul fatto che, salvo pochissime eccezioni, le persone ragionano per apparteneza di gruppo, tifoseria. Vuoi che dicano bianco, vuoi che dicano nero, lo fanno per le ragioni sbagliate. D'altro canto, se così non fosse, come potremmo trovarci a questo punto? 

Temo, J-J, che tu ti  stia avvicinando a capire che le cose stanno esattamente all'inverso di come ci hanno cantato fin dall'asilo. Tutto ciò che è stato gabellato come valore è disvalore. E viceversa.

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@Egmus
Trovo molto triste la tua storia ed hai la mia piena solidarietà. Purtroppo l'avidità umana  rispecchia il primitivo istinto di sopravvivenza dell'uomo e quindi sarà molto difficile sconfiggerla. La tua reazione è sulla giusta strada......
 
 
@Satori
Caro Satori,
quanto ho scritto nell'ultimo intervento cercava solo di rispondere alla tua domanda sul senso del termine "oggettivo" che era stato da me utilizzato in precedenza.
 
15 ore fa, Satori dice:

...........ma, come ho scritto a più riprese, il significato e i limiti, all’interno della Scienza, di due precisi termini:

1°, conoscenza,

 2°, oggettività.

Sulla natura della conoscenza (congetturale) e sull'impossibilità di raggiungerla, siamo in perfetto accordo. Questa è una citazione di Popper che condivido (anche per me ciò non vuol dire che concordo su tutta la sua filosofia):

"Noi non sappiamo niente - questo è il primo punto. Di conseguenza dobbiamo essere molto modesti - questo è il secondo punto. Che non diciamo di sapere, quando non sappiamo - questo è il terzo punto. Questo è all'incirca la concezione che io vorrei volentieri rendere popolare. Ma non è che ci siano troppe speranze."

Posso anche essere d'accordo con Rorty sul suo concetto di contigenza, infatti come avevo scritto per Newton ma vale per tutti "ogni uomo vive nel suo tempo" riconoscendo il carattere fugace delle proprie convinzioni. Mi "specchio"  nel suo concetto di solidarietà, inteso come l'atteggiamento di chi si batte per diminuire la sofferenza e l'umiliazione degli esseri umani.
 
Per me la verità é l'accordo di una proposizione con la realtà, sulla quale la proposizione dice qualcosa. Noi possiamo abbastanza spesso dire la verità, conseguire la verità. Mai, però, possiamo raggiungere la certezza.
Questo spiega, tra l'altro, la mia fascinazione del caso e delle sue leggi.
 
Sull'oggettività di alcuni processi di pensiero..........In passato giocavo a scacchi e ho riflettuto su questo gioco traslando sullo stesso la teoria dei tre mondi di Popper. L'accordo che trovai mi ha lasciato un vivido ricordo e forse ha condizionato leggermente le mie preferenze. I pezzi degli scacchi con la loro forma e la scacchiera appartengono chiaramente al mondo 1 e sono reali nella misura in cui intereagiscono con il mondo 2 degli eventi psichici (soggetti pensanti). Poi abbiamo i giocatori che appartengono al mondo 1 e al mondo 2 con tutte le riflessioni di pensiero e gli stati d'animo determinati dallo svolgersi di una partita. Anche qui è evidente la stretta interazione tra i due mondi. Ma la cosa che mi colpii maggiormente fu la natura del gioco degli scacchi come prodotto del mondo 3 dove acquisisce una sua esistenza oggettiva dopo che l'uomo ha creato le sue regole di gioco. Esistono complessità dovute a complete strategie e ad insiemi di relazioni tra le mosse che l'uomo non può inventare, ma solo scoprire con l'intuizione o mediante il calcolo. Quindi anche il mondo 3 è reale ed oggettivo nella misura in cui influisce indirettamente sul mondo 1 passando dall'interazione con il mondo 2 dei soggetti pensanti.
 
Buona domenica, Raf
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Confesso di non essermi addentrato nella lettura della discussione e al momento non ho tempo per farlo.
Mi sembra di capire, comunque, che non abbia nulla a che vedere con il soggetto "Vincita & Perdita, Il Valore Atteso" e la sezione "Strategie di Gioco". Vorrei quindi che mi aiutaste a dare un titolo, e un'indicazione su quali messaggi separare e spostare nella sezione off topic. Grazie a chi vorrà dare una mano.  

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Ciao Gas

è vero, la discussione ha perso attinenza col titolo. Probabilmente i messaggi da spostare sono tutti quelli dal post di
tonino  - 18 aprile 2014,
in poi..
Oppure dato che la discussione è ricominciata qualche giorno fa (:rolleyes:) dopo una pausa di 2 anni, magari potremmo spostare solo questi ultimi messaggi.
Naturalmente andrebbe messa in "off topics" e non in "strategie..", ma su quale possa essere un titolo adeguato.. no idea 
:ciao:

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1 ora fa, jackjoliet dice:

Ciao Gas

è vero, la discussione ha perso attinenza col titolo. Probabilmente i messaggi da spostare sono tutti quelli dal post di
tonino  - 18 aprile 2014,
in poi..
Oppure dato che la discussione è ricominciata qualche giorno fa (:rolleyes:) dopo una pausa di 2 anni, magari potremmo spostare solo questi ultimi messaggi.
Naturalmente andrebbe messa in "off topics" e non in "strategie..", ma su quale possa essere un titolo adeguato.. no idea 
:ciao:

Gastardo ha ragione, e su questo non credo ci siano scuole di pensiero che tengano. Per quanto mi riguarda, credo che sarebbe da spostare tutta la discussione, dal 18 Aprile 2014. Come titolo, mi permetto di suggerire - anche se un po' liso, e molto, troppo, ambizioso  - "Scienza, conoscenza, realtà". O magari giù di lì.

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1 ora fa, gastardo dice:

Perfetto grazie. 
Ecco, ho spostato i messaggi e assegnato il titolo proposto da Satori che, per quanto "liso" e "ambizioso", è sicuramente più adatto di quello prima. :)

Grazie, Gastardo, non prendertela se ti sento come un padre amorevole...

 

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Bene, @Rafelnikov.

Grazie come sempre, Rafelnikov, per il tempo che dedichi alla nostra discussione, per la tua signorile compostezza (cosa rarissima nelle interlocuzioni, soprattutto via internet), e anche per la capacità di compendiare in pochi punti essenziali l’epistemologia e il pensiero popperiano.

Scrivi:

Sulla natura della conoscenza (congetturale) e sull'impossibilità di raggiungerla, siamo in perfetto accordo. Questa è una citazione di Popper che condivido (anche per me ciò non vuol dire che concordo su tutta la sua filosofia).

 

Mi sono permesso di sottolineare i due termini di una locuzione che, come cercherò di mostrare, almeno in modo extra contestuale, è ossimorica. Una conoscenza, se tale, non può essere congetturale, mentre di sicuro lo è un’opinione. La questione fu affrontata in modo magistrale da Platone, nella sua cosiddetta “teoria della linea”, nel mito della caverna, e altrove. Per facilitare che ci segue (i soliti tre asceti) allego due link con una buona epitome; uno Wikipedia, e l’altro un sito generalista, avendo cura di sottolineare (con decisione) che il significato attribuito da Platone e dai greci, ma direi da tutti (fino a Galileo), al termine “Scienza”-“Episteme” non ha nulla in comune con l’accezione moderna*. La Scienza, mi pare che su questo ci sia un accordo, non si muove sul terreno della conoscenza come intesa da Platone, Aristotele, dal tomismo, e in genere da (quasi) tutta la filosofia, almeno fino a Kant; si muove, al contrario sul terreno della doxa, della congettura, appunto, dell’opinione. E lo fa con i mezzi e tra le problematiche che qui abbiamo brevemente passato in rassegna.

Per cui, andiamo con ordine: concordo con te e con Popper – infatti è quanto ho sostenuto fin dall’inizio – che il processo di indagine sulla natura, per tramite del metodo scientifico, è interminabile.

Citi Popper:

Noi non sappiamo niente - questo è il primo punto. Di conseguenza dobbiamo essere molto modesti - questo è il secondo punto. Che non diciamo di sapere, quando non sappiamo - questo è il terzo punto. Questo è all'incirca la concezione che io vorrei volentieri rendere popolare. Ma non è che ci siano troppe speranze."

Uhm … questo paragrafo, a parte l’esortazione alla modestia, è un capolavoro di ambiguità, e, se preso alla lettera - trattandosi di filosofia, non credo che si possa prendere come allegoria - si avvita in una contraddizione insolubile. Ovviamente, parto dal testo, non potendo sondare le intenzioni extra testuali dell’autore. D’altro canto, un buon autore si distingue per la chiarezza, e non certo per la necessità di lavoro ermeneutico da parte di altri. D’altro canto ancora, tu me lo hai presentato senza commento interpretativo, lasciandomi intendere (salvo che non abbia capito male) che gli enunciati del testo erano esplicativi e completi. Se ho frainteso la tua intenzione, correggimi, dato che, come (dimostrerò), se questo testo fosse una parte di tesina di uno studente, marcherei a matita blu (errore grave) quanto segue.

1°, se noi non sappiamo niente (primo enunciato, principale), su cosa costruiremo il secondo enunciato (subordinato), dato che per necessità questo deve derivare dal primo? Se la premessa è il niente, come si fa a porre il niente come premessa dialettica di un discorso?*2

2°, se non sappiamo niente, come facciamo a sapere che non sappiamo niente?

3°, se non sappiamo niente, contrariamente a quanto Popper afferma nel secondo periodo (Di conseguenza dobbiamo essere molto modesti), non abbiamo alcuna conseguenza da trarre, giacché si possono trarre conseguenze (eventualmente) solo da qualcosa e non dal niente.

4°, “Che non diciamo di sapere, quando non sappiamo - questo è il terzo punto”;

A, a dire il vero, questo pertiene il galateo, per un verso; e il Codice Penale – vedi alla voce “millantato credito” per l’altro verso.

B, sulla scorta del punto 2 (si vede che Popper non si accorge dell’abbagliante contraddizione), come facciamo a sapere di non sapere, visto il punto 1? La consapevolezza di non sapere deve necessariamente fondarsi su un sapere (vedi il celeberrimo “Io so di non sapere” di Socrate, a seguito della storia del suo amico Cherefonte e della Sibilla, in cui la contraddizione è solo apparente); ciò che Popper nega nella premessa.

Insomma, Popper è persino troppo discutibile; ad avere tempo e se ci fosse uno scopo, non sarebbe così difficile estendere l’analisi appena fatta a tutta la sua filosofia, soprattutto alla parte politica, alla sua concezione di libertà, di società e di scopo. Non si dimentichi che “società aperta” (locuzione coniata da Bergson e da Popper sviluppata) è il logo del plutocrate Soros, che si dichiara discepolo e fedele esecutore delle direttive di Popper. Per carità, in questo caso, credo che Popper avrebbe preso le distanze da un tale ripugnante discepolo. Nella sua lettura più approfondita, “La società aperta e i sui nemici” si rivela un’utopia, non meno rarefatta dello Stato platonico che Popper così aspramente criticò. Per amore di verità, la sola che mi interessi, anche se per ragioni del tutto diverse, sono contraddittorie entrambe le concezioni.

Di Popper rimane la geniale intuizione del metodo, per me molto potente, a patto che se ne conoscano esattamente le premesse, i limiti, e le prospettive.      

Mi interessava mostrare che la Scienza e la conoscenza del mondo non hanno quasi nulla in comune; e che la Scienza non è oggettiva né normativa. Spero di avere dato un piccolo contributo. La gente è stata ingannata, deliberatamente, non certo dagli scienziati onesti, ma di chi si appropria fraudolentemente del loro lavoro e il loro prestigio, allo scopo di imporre la visione del mondo scientista, che con la scienza non ha nulla a che vedere, ma che è un dogma ideologico, che è quella dottrina, totalmente falsa, secondo cui la sola conoscenza certa è il fisicalismo riduzionista, e le sue ricadute nella sfera umana.

Non fossi stato chiaro, semmai ci sarà un seguito.

 http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_della_linea

*2

Questo, per inciso, è il buco nero logico di ogni relativismo

Modificato: da Satori
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Il 17/6/2017 at 22:41, Satori dice:

Imporre ope legis (per forza e con la forza di legge) l'inoculazione dei vaccini, è un fatto criminale; chi si oppone, caro J-J, non è un criminale di segno contrario. Anche se può essere un bandito per molte altre ragioni. Chiara la differenza?

 

Satori, a favore di questa inoculazione forzata io vedo anche tante persone, tante mamme.. che di certo agiscono nel totale interesse dei propri figli.
Non si può essere esperti di tutto, uno potrebbe anche non conoscere gli epistemologi del '900 o come funziona un'agenzia di rating, ed è quindi, per forza di cose, obbligato a fidarsi di altri più competenti.
Se il tuo medico curante ti spiega che esiste una cosa che si chiama "immunità di gregge", come fai a contestare? mettiti nei panni di quelle mamme: per loro chi decide di non vaccinarsi è come se guidasse a sinistra o buttasse acqua bollente dal balcone sui passanti

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1 ora fa, jackjoliet dice:

per loro chi decide di non vaccinarsi è come se guidasse a sinistra o buttasse acqua bollente dal balcone sui passanti

Consiste in questo la fraudolenza, nell'imporre con la propaganda di regime (ovviamente, tutti i fogli mainstream sono pro, con piccoli, insignificanti, distinguo), e la forza della legge, ciò che dovrebbe essere una scelta. Proprio in forza di

 

1 ora fa, jackjoliet dice:

Non si può essere esperti di tutto, uno potrebbe anche non conoscere gli epistemologi del '900 o come funziona un'agenzia di rating, ed è quindi, per forza di cose, obbligato a fidarsi di altri più competenti.

e considerata l'estrema importanza della questione, la mammina è obbligata a diventare un'esperta, perché se non lo è perde il diritto ad accaparrarsi la scelta dell'altra mammina che, con pari buona fede, vuole tutelare suo figlio. Un punto importantissimo di discrimine è già alla portata di tutti: a mia conoscenza l'Italia è il solo Paese in cui si vaccina in quantità industriale; le mammine degli altri Paesi non amano i loro pupi?

Come sempre, anche stavolta questa compagnia di gangster otterrà in ogni caso ciò che vuole, ciò di cui si nutre: è riuscita a  d i v i d e r e, la condizione necessaria per imperare.

Come per la chemio e l'aids, decidono loro quali esperti sono esperti, quali medici capiscono la medicina, quali scienziati sanno far di conto.

Il mio credo, la profondità della mia anima mi dice che odiare è sbagliato, sempre. Chi odia rafforza il suo nemico, nella precisa misura della potenza del suo odio. E' una legge matematica. So che è così, con certezza, ma stavolta è una battaglia terribile con me stesso.

Per il  disprezzo, invece, nessun problema: illimitato!!!

Modificato: da Satori
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17 ore fa, Satori dice:

Grazie come sempre, Rafelnikov, per il tempo che dedichi alla nostra discussione

Grazie anche a te........è un piacevole ritorno al tempo delle riflessioni.

17 ore fa, Satori dice:

Una conoscenza, se tale, non può essere congetturale,

Non sono d'accordo. L'affermazione "conoscenza (congetturale)" non può essere decontestualizzata. Infatti, sulla base di quanto ho scritto sulla verità di una proposizione (cioé che non si può avere la certezza della verità, forse ti è sfuggito) é giustificabile come una logica conseguenza. Ovviamente siamo in buona compagnia con i più grandi pensatori del presente e del passato (Teoria della giustificazione) e si approda allo scetticismo filosofico (diverso dallo scetticismo scientifico).

Sull'analisi della frase citata di Popper, mi sembri eccessivo nell'escludere categoricamente la possibilità di far conseguire qualcosa dall'affermazione di non sapere niente. Se avessi costruito io la frase avrei aggiunto semplicemente un forse all'inizio della stessa per evitare contraddizioni e lasciare un'apertura ad eventuali conseguenze. In ogni caso ti suggerisco di approfondire l'effetto di Casimir derivato dalle fluttuazioni quantistiche in assenza di materia, così per scardinare le tue certezze sull'impossibilità di far derivare qualcosa dal nulla. Ovviamente, anticipo la tua immediata critica che quel nulla non è propriamente così se poi qualcosa si può derivare. Ed avresti ragione.

Comunque della frase citata condivido le conclusioni di essere meno assertivi possibile.

Poichè a me interessa più il cammino che l'arrivo, voglio citare anche Dante sulla conoscenza..........però non smontarlo altrimenti se ne perde la poesia:

« Fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.
 »

(Divina Commedia, Inferno XXVI)

 

Alla prossima, Raf

Modificato: da Rafelnikov
Ortografia
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Bella raga era un po che non passavo ho dato un occhio e poi mi sono appiccicato su questa intrinseca e piacevole pagina che a dire il vero è una bella spremuta di concetti e prospettive che hanno il loro fascino

io porterei  nel focus anche  il concetto di mente mentoris  che mente a se stessa  perché vuole trovare per forza i riferimenti che cerca finendo per vederli solo molto parzialmente e male e li "strumentalizza" più che altro ...

E poi un altro punto chiave secondo me è la mutevolezza di tutto quello che stiamo prendendo in esame con la scienza se il cosmo fosse visto come organismo vivo e in continua mutazione dobbiamo renderci conto che fette del passato che sussistevano  in determinati parametri mutati svariate volte sono impossibili da ricostruire a ritroso e quello che si cercava di identificare come oggettiva conoscenza sarà sempre solo  un pezzo di verità  parziale in sostituzione di quella appena passata .... diventata obsoleta

10 elementi una teoria  

100 elementi cambio teoria

1000 elementi cambia ancora

1000000 elementi trovo tali condizioni uguali e contrarie che torno al punto di partenza 

e più ne sai veramente più ne hai da sapere e più cominci a scoglionarti scusatemi il termine :)

 

Un Caro saluto a tutti Voi ,  Enio

 

 

 

 

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« Fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.
 »

 

È una delle mie citazioni preferite, tanto che ai miei figli basta oramai sentirmi declamare “fatti non foste”, per interrompermi dicendo all’unisono: “basta, papà, abbiamo capito!”

Per attenerci al nostro tema, la conoscenza cui si riferisce Dante non ha alcun contatto né coi fatti mondani, né, tra questi, con quelli limitati alla matematizzazione di modelli quantitativi della natura: ossia la Scienza.

La conoscenza, per Dante, è identica a Beatrice-Sophia, che è l’esatto equivalente di επιστήμη platonico, Prajnâ buddista, Dhyana indù. Conoscenza non degli accidenti (le scienze del mondo naturale); ma delle essenze.

 

Tutta l’opera di Dante è esoterica, ed egli stesso fu affiliato alla Società Segreta Iniziatica “I fedeli d’amore”. Chi vuol conoscere questo aspetto del genio dantesco, rinnegando il bruto che è in sè, può studiare le opere di Dante Gabriel Rossetti, Luigi Valli, Renè Guènon; qui allego un link con un eccellente articolo di Arturo Reghini (che si forma con lo pseudonimo Pietro Negri)  http://www.scuolaermetica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=403:pietro-negri-il-linguaggio-segreto-dei-fedeli-damore&catid=9:testi&Itemid=40

 

Mentre appresso allego un link con lo straordinario saggio del Valli (Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli D’amore). Per inciso, su questo argomento, in anni lontani, sostenni un esame di italiano col grandissimo Prof. Giorgio Petrocchi, il primo tra i dantisti italiani e i fra maggiori al mondo.  

http://www.classicitaliani.it/Valli/valli_linguaggio_segreto_dante_01.htm

 

La conoscenza congetturale è certamente una forma di conoscenza, come ho scritto (e moltissimi altri prima di me), pertiene all’ambito della doxa; ed è quanto rilevavo nel precedente post. Questa doxa può essere arbitraria o ben fondata; se arbitraria, è una sciocchezza e basta; se è ben fondata, può essere considerata l’anticamera dell’Episteme, nel senso platonico, aristotelico e tomista. La prima è incerta, come correttamente rileva Popper; la seconda, o non è incerta, o non è Episteme.

Ultima nota epistemologica. Cos’è un fenomeno? Un evento del mondo naturale in un dato, irripetibile e irriproducibile tempo t dell’universo. Ora, se si è davvero capita la frase precedente, come può la scienza comparare qualcosa di irripetibile, dato che uno dei suoi criteri fondanti è la riproducibilità? Non può, perché ogni singolo evento e unico, c’è davvero bisogno di spiegarlo? Perché quell’evento-fenomeno è tale in quanto legato al preciso stato dell’universo in quel momento. Un nanosecondo dopo l’universo si trova in uno stato diverso, e pertanto il fenomeno in questione non potrà mai più essere riprodotto; se ne potrà avere al massimo una specie di copia, che, a scopi del tutto e solamente empirici, potranno essere utilizzati come surrogati della riproducibilità. Comparare fenomeni identici è impossibile (perché ogni fenomeno è indissolubilmente contrassegnato dal contesto in cui si manifesta, una specie di impronta digitale cosmologica) e resterà impossibile, per chi comprende queste semplici osservazioni, anche se tutti gli scienziati della Terra testimoniassero in tribunale il contrario; anche se l’accettazione di questa impossibilità fosse imposta per Legge (come i vaccini). Negare questo è come negare il mutamento, il divenire. “Nessuno può bagnarsi due volte nello stesso fiume”, scrisse Eraclito. Ma se qualcosa non è riproducibile, e se la sua copia surrogata dura una durata infinitesimale, in che cosa consiste la mitica “riproducibilità” del metodo scientifico?

Ho fatto questa domanda, anni addietro, a due scienziati, uno piuttosto noto. Presente quando si chiede l’ora a uno che non ha mai portato l’orologio? Stessa cosa. Mi fu risposto in entrambi i casi che era una cosa cui non avevano mai pensato, e che avrei avuto una risposta. Mai arrivata.

 

Ciò, naturalmente, non vuol dire che la Scienza non sia capace di arrangiarsi (utilizzando mirabilie matematiche) con questi surrogati nella sua particolare sfera di indagine. La fa tanto brillantemente che io sono qui a scrivere e lì qualcuno a leggere. Non lo nego, sa di magia, anche se può essere spiegato.

La questione, come ho scritto molte volte, è che tutto ciò non ha nulla, o al più pochissimo, a che fare con la conoscenza del mondo.  

 

Finale su Popper. Non rilevare e stigmatizzare le lapalissiane contraddizioni da me evidenziate, può essere fatto soltanto a costo di seppellire la logica. Mettendoci di mezzo Platone, a quei tempi l’Autorità in sé, Aristotele pronunciò una sentenza che ho sempre anteposto a qualsiasi mio altro valore o interesse umano:

“Amicus Plato, sed magis amica Veritas”.  Sono amico di Platone, ma ancor più amico sono della Verità.

Tutta l’opera di Popper filosofo è zeppa di abbaglianti contraddizioni (io ne ho rilevate quattro in tre righe); ed è per me inspiegabile come queste siano passate indenni al vaglio di fior di critici e filosofi. Anzi, ho mentito, so come e perché è avvenuto: basta scambiare la secondaria con la principale: “Amica Veritas, sed magis amicus Plato”. Ecco, così anziché segnare ai filosofi gli errori da matita blu con la matita blu, li si può abilitare non solo a tirar fuori qualcosa dal nulla, ma persino a camminare sulle acque. :)

 

Modificato: da Satori
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Dopo il riferimento di Rafelnikov al gioco degli scacchi, che ogni tanto pratico per hobby , ho provato a riflettere sulla "falsificabilità" della scienza  in tutti i suoi ambiti, cercando di capire come e se anche alla matematica, si possa applicare questo principio. 
E poi mi sono imbattuto in questo bel pensiero di Ramanujan:

"In Occidente permaneva un vecchio dibattito che si proponeva di capire se la realtà matematica fosse creata dai matematici o se, esistendo indipendentemente, venisse da loro semplicemente scoperta. Ramanujan era in tutto e per tutto per la seconda ipotesi: per lui i numeri e i loro rapporti matematici lasciavano comprendere come l'universo tutto fosse in armonia. Ogni nuovo teorema era un tassello in più nell'Infinito ancora sconosciuto. Perciò non stava facendo lo sciocco o il furbo o il genietto quando in seguito disse a un amico : << Per me un' equazione non ha senso, a meno che non esprima un pensiero di Dio>>."

( ROBERT KANIGEL - L'uomo che vide l'infinito. La vita breve di Srinivasa Ramanujan, genio della matematica (2003).)

 

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