
Azzardopatia o ludopatia? Non è solo una questione di parole
O meglio: lo è, ma ci sono buone ragioni per distinguere le due cose.
Molti continuano a usare il termine ludopatia per indicare la dipendenza da gioco, ma da una decina d’anni sempre più esperti – psicologi, giornalisti, operatori del settore – preferiscono parlare di azzardopatia. Il motivo è semplice: le parole contano, e le due “patie” sono diverse.
Ludopatia deriva dal latino ludus, cioè “gioco”. Ma il gioco, in sé, è un’attività sana, educativa, fondamentale per lo sviluppo umano. Parlare di ludopatia rischia di confondere le acque, mettendo sotto accusa anche forme di gioco innocue o costruttive. Il termine ludus include tutti i giochi: dalle carte ai giochi da tavolo, dallo sport alla fantasia dei bambini.
Azzardopatia, invece, chiama le cose con il loro nome: è la dipendenza da gioco d’azzardo, cioè da attività in cui si scommette denaro su esiti incerti. Un termine che mette l’accento su rischio, casualità e conseguenze.
Da oggi anche su AmmazzaCasino adotteremo il termine azzardopatia, per distinguere chiaramente tra il gioco in generale e la dipendenza patologica legata al denaro e all’azzardo.
Quando il gioco diventa dipendenza: i segnali dell’azzardopatia
Non tutto il gioco d’azzardo è patologico, così come non tutti i giochi “innocui” sono necessariamente privi di rischi. Esistono molti giocatori d’azzardo che non hanno alcun disturbo, così come esistono persone che sviluppano dipendenza da giochi non a pagamento.
Secondo il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), si parla di azzardopatia quando, per almeno 12 mesi, si manifestano almeno 4 dei seguenti comportamenti:
- Necessità di aumentare le puntate per ottenere lo stesso livello di eccitazione.
- Irritabilità o malessere nel tentativo di ridurre o smettere.
- Tentativi ripetuti e falliti di controllare il gioco.
- Pensieri persistenti sul gioco (ricordi, pianificazione, ricerca di soldi).
- Giocare per sfuggire a problemi personali o stati emotivi negativi.
- Tornare a giocare per recuperare le perdite.
- Mentire per nascondere l’entità del proprio coinvolgimento.
- Mettere a rischio relazioni, lavoro o studio a causa del gioco.
- Chiedere soldi ad altri per coprire perdite legate al gioco.
Quando questi segnali sono presenti, il gioco ha superato il confine del divertimento e si è trasformato in una dipendenza comportamentale.
Il gioco tra gli uomini e tra gli animali
Il gioco è presente in natura, anche tra gli animali. I cuccioli di molte specie giocano per imparare:
- I leoni simulano la caccia per esercitarsi nei movimenti predatori.
- Le scimmie usano il gioco per socializzare e stabilire gerarchie.
- I cani e i gatti lottano in modo giocoso per divertirsi ed esplorare limiti e collaborazione.
Negli animali, però, il gioco ha un limite naturale: quando diventa doloroso o troppo intenso, smettono. Hanno un istinto che li aiuta a non oltrepassare la soglia del pericolo.
Nell’essere umano questi freni possono venir meno, soprattutto con il gioco d’azzardo. Gli impulsi, le ricompense casuali e il denaro creano un meccanismo in cui è facile perdere il controllo.
Perché usare il termine “azzardopatia”
Parlare di azzardopatia anziché di ludopatia aiuta a:
- Essere precisi: si parla di gioco d’azzardo, non di gioco in generale.
- Tutelare il valore positivo del gioco, che ha funzione educativa, relazionale, creativa.
- Evitare fraintendimenti in ambito clinico, sociale e culturale.
Il gioco, come nel mondo animale, è parte integrante della vita e può essere uno strumento di crescita. Ma il gioco d’azzardo ha una componente di rischio e compulsività che può trasformarlo in qualcosa di devastante.
Riconoscere i segnali, usare le parole giuste e distinguere tra gioco e azzardo è il primo passo per affrontare il problema. Non per demonizzare, ma per capire meglio.
Approfondimenti utili
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