Il 2025 sarà ricordato come l’anno in cui l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) ha deciso di fare un po’ di giardinaggio.
Se immaginiamo il mondo delle licenze dei casinò italiani come un prato erboso pieno di rovi e cespugli mezzi secchi e verminosi, possiamo visualizzare un signore con la falce che, con colpi decisi, stralcia oltre 400 tra arbusti e cespugli mal curati, lasciandone in piedi appena 52 — più ordinati, curati e integrati con il paesaggio.
Uscendo da questo parallelismo botanico, il risultato resta lo stesso: solo 52 licenze saranno valide per operare nel mercato del gioco online in Italia.
Una potatura epocale, che cambierà completamente l’aspetto del giardino del gioco online: meno rami intrecciati, più spazio per crescere dritti, più linfa per lo Stato e — inevitabilmente — un po’ di smarrimento per i giocatori che si chiederanno “dove diavolo è finito il mio cespuglio-casinò preferito?”.
Com’è che siamo rientrati nel parallelismo botanico? Ok, prometto che d’ora in poi ce lo lasceremo alle spalle.
Un mercato affollato come una sagra del bonus
Negli ultimi anni, l’Italia era diventata un paradiso (o inferno?) di skin site — quei portali che operano sotto la stessa concessione ma con brand diversi, spesso simili come due gemelli omozigoti.
Il risultato? Centinaia di loghi, domini e nomi commerciali, ma dietro le quinte sempre gli stessi concessionari.
L’ADM, con questa riforma, ha deciso di tagliare corto: niente più concessioni-fotocopia, solo licenze principali.
Il numero passa così da 407 operatori attivi a 52 domini autorizzati. Tutto il resto dovrà chiudere, accorparsi o riapplicare con procedure nuove e più stringenti.
“Pulizia” o concentrazione?
La mossa viene presentata come un atto di semplificazione e trasparenza: “meno licenze, più qualità”.
In realtà, il rischio è che il mercato finisca nelle mani di pochi grandi gruppi — i soliti nomi noti: Flutter Entertainment (PokerStars, Betfair, Sisal), Entain (Bwin, Eurobet), Lottomatica, Snaitech, SKS365 e compagnia cantante.
I piccoli operatori, quelli che avevano puntato tutto su un brand riconoscibile o su bonus più generosi, rischiano di sparire.
E per i giocatori? Meno concorrenza significa meno offerte e meno promozioni, anche se probabilmente più affidabilità e pagamenti sicuri.
Insomma: si passa da una giungla a un giardino recintato. Bello, ma con il biglietto d’ingresso da pagare — quello di una concorrenza minore e un’offerta più appiattita.
Un colpo anche agli stranieri
La decisione arriva in un momento in cui diversi operatori internazionali avevano tentato di farsi spazio nel mercato italiano.
Proprio a ottobre, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello di alcune aziende estere contro il regime fiscale dei giochi online, confermando che il sistema italiano resta — per dirla in modo elegante — “autarchico”.
Tradotto: se vuoi operare in Italia, paghi le tasse qui e ti pieghi alle regole dell’ADM.
Niente scorciatoie, niente “licenze di Malta” usate come passepartout.
Il messaggio è chiaro: l’Italia vuole i suoi casinò in casa, con i controlli e gli incassi sotto mano.
Vedremo poi come verranno applicati questi giri di vite.
Codere entra in scena (e dimostra che il mercato piace ancora)
Mentre alcuni chiudono, altri arrivano: Codere Group, colosso spagnolo del betting e del gioco, ha annunciato il suo ingresso ufficiale nel settore iGaming italiano.
Una scelta curiosa, in mezzo alla tempesta regolamentare: segno che il mercato resta, in qualche modo, appetibile — anche se è più complesso accedervi.
Con i nuovi limiti di licenze, chi entra oggi deve avere le spalle larghe, ma anche una buona strategia di brand e un’offerta di gioco moderna.
E qui entrano in gioco i soliti noti del software: Pragmatic Play, NetEnt, Evolution, Play’n GO — i provider che fanno la differenza tra un casinò di serie A e un portale improvvisato.
Cosa cambia per i giocatori
- Domini ridotti: alcuni siti chiuderanno o verranno reindirizzati. Prima di ricaricare il conto, conviene controllare che l’indirizzo sia ancora in lista ADM.
- Bonus meno aggressivi: con meno concorrenza, scordatevi i “200% fino a 2.000 euro”.
- Affidabilità maggiore: meno operatori, più controlli e, si spera, meno “problemi tecnici” quando si vince troppo.
- Supporto clienti più efficiente: i grandi brand hanno mezzi migliori e assistenza più seria — anche se, sì, restano capaci di farvi attendere 20 minuti in chat per dire “sto verificando”.
Il lato positivo (per una volta)
Nonostante le polemiche, la sforbiciata potrebbe avere effetti salutari.
Negli ultimi anni, il confine tra casinò legali e piattaforme “grigie” si era fatto sottile come una linea di credito.
Ridurre la frammentazione può aiutare i giocatori a orientarsi meglio e a fidarsi di più dei siti con licenza.
Il rischio è che l’offerta diventi troppo omogenea, ma anche lì la palla passa ai provider: se i Pragmatic, i NetEnt e gli Evolution continueranno a innovare con nuovi titoli, l’esperienza di gioco potrà restare vivace.
Un 2026 tutto da vedere
La riforma entrerà pienamente in vigore nel 2026, quando si capirà chi resterà davvero in campo.
Molti brand secondari probabilmente confluiranno sotto concessioni più grandi; altri spariranno senza lasciare traccia (o quasi).
Per chi gioca da anni sarà un piccolo shock: meno nomi, meno bonus, ma — si spera — un ecosistema più solido.
E per chi scrive di casinò, come noi, una nuova mappa da disegnare.
L’unica certezza è che il gioco online italiano si rifà un po’ il trucco. Vedremo se sarà solo un’operazione di facciata o se, finalmente, porterà qualche vantaggio anche a noi giocatori.
Fonti utilizzate: Tribuna.com, Sigma World, iGamingBusiness