Power Slap: schiaffi in faccia, audience alle stelle e neuroni in fuga

Powerslap 2025

Ipotizziamo la genesi di questa idea: un garage americano, tra quattro amici mezzi sbronzi e un paio di canne troppo cariche.
“E se facessimo un torneo dove la gente si prende a schiaffi in faccia, a turni, tipo?” dice il primo. Risate. Il secondo aggiunge: “Senza potersi difendere. Fermi, immobili. BOOM.” Ancora risate. Poi silenzio. Si fantastica per tutta la serata sulle poche regole dello “sport”, si ride a crepapelle, e poi tutti a letto. Il giorno dopo la lucidità ritorna e, con essa, il buon senso: “Dai, ma che idea assurda. Chi lo approverebbe mai? Sarebbe illegale ovunque. E poi che sport sarebbe, immagina i danni cerebrali…”.

E invece no. In un universo parallelo — il nostro — arriva qualcuno che dice: “Facciamolo davvero.” E non solo lo fa, ma lo trasforma in un business redditizio, trasmesso in TV, sponsorizzato, ben monetizzato, e, ovviamente, molto condiviso.

E in effetti c’è uno sport (?!) in cui due persone si mettono una di fronte all’altra, si schiaffeggiano a turno e vincono quando uno dei due sviene o perde l’equilibrio. No, non è un incubo da TikTok: si chiama Power Slap ed è una disciplina regolamentata che sta spopolando negli Stati Uniti e non solo.

Dietro c’è Dana White, lo stesso che ha trasformato l’UFC da baracconata underground a macchina da soldi globale. Ora ci riprova con qualcosa che richiede ancora meno regole, meno tecnica, e ancora più spina dorsale (letteralmente). Il concetto è semplice: stai fermo, uno molla un ceffone caricando il più possibile. Poi tocca all’altro. Fino a che uno dei due non crolla a terra.

Perché funziona

  • È semplice da capire: zero regole complesse, nessuna strategia difensiva, nessuna tattica da studiare.
  • È perfetto per i social: i video durano pochi secondi, hanno un picco di tensione e una caduta spettacolare. Il paradiso dell’algoritmo.
  • È adrenalinico: è una forma di violenza ritualizzata, servita su un piatto di luci LED, replay al rallentatore e cronisti che parlano di “tecnica” come se stessero commentando Wimbledon.

In altre parole, Power Slap è il figlio legittimo del capitalismo dell’attenzione e dell’infantilismo digitale. La gente lo guarda perché non riesce a distogliere gli occhi. Come un incidente in tangenziale, ma con più sponsor.

Come si svolge

Il format è tanto semplice quanto assurdo: due concorrenti si fronteggiano su un palco, ognuno ha a disposizione tre round per sferrare un colpo a piena mano. Se uno dei due crolla prima, si chiude lì per KO. Se entrambi restano in piedi fino alla fine, si va a punti, con una giuria che valuta la potenza, la precisione e la reazione al colpo ricevuto.

Durante lo schiaffo, l’atleta che lo subisce deve restare immobile con le mani dietro la schiena, stringendo un apposito cilindro di gommapiuma per evitare riflessi difensivi o movimenti istintivi. È una forma di rassegnazione codificata: il concorrente è lì, fermo, ad aspettare di prendere una mazzata.

Ma è davvero uno sport?

Definirlo sport è generoso. Gli atleti non possono difendersi, non possono indietreggiare, non possono parare. Possono solo subire, con la mascella tesa e la speranza che il sistema nervoso tenga.

La strategia praticamente è inesistente, la preparazione consiste, probabilmente, nell’allenamento a dare e prendere schiaffi, e per molti a farsi crescere una folta barba per attutire il più possibile i colpi.
I danni cerebrali? Enormi. Gli studi? Non ancora abbastanza. Ma i KO sono sempre virali.

Eppure Power Slap sta crescendo. Ha un sito ufficiale, un regolamento, una struttura a pesi, ranking, replay, analisi tecniche e contratti televisivi. Insomma: tutto quello che serve per vendere violenza come intrattenimento di massa.

Grafico Crescita Interesse Powerslap

Il paragone con sport “nobili” come la scherma, gli scacchi o persino la boxe fa sorridere: lì c’è studio, tattica, preparazione mentale e fisica, una costruzione della vittoria che passa attraverso l’allenamento e la gestione del rischio. Qui invece si celebra il riflesso condizionato, il colpo più secco, l’istinto animalesco spogliato di qualsiasi filtro.

Non si tratta più di mettere alla prova il corpo e la mente, ma solo di vedere chi resta in piedi più a lungo dopo una raffica di sberle. È l’antitesi dello sport come lo abbiamo inteso per secoli: confronto, abilità, intelligenza, crescita personale. Qui c’è solo il botto. Il rumore. Il replay.

Si può scommettere sul Power Slap?

Negli Stati Uniti sì, in diversi stati: Arizona, Colorado, Illinois, Louisiana, Oregon, e persino in Ontario (Canada). Anche alcuni bookmaker internazionali hanno iniziato a offrire quote, tra cui BetUS e NetBet, partner ufficiale di Power Slap in paesi come UK, Francia, Irlanda, Messico e Brasile.

E in Italia? No. Al momento nessun bookmaker con licenza ADM offre quote sul Power Slap. La disciplina non è ancora riconosciuta nei palinsesti ufficiali dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. E qui resistiamo alla tentazione di far polemiche sulla lentezza dell’adattamento dei bookmaker con licenza del Monopolio di Stato.
Volete mettere la sicurezza che potete avere non avendo eventi disponibili sui quali scommettere?

Questo, comunque, significa che, per ora, ci si può solo godere lo spettacolo (o l’orrore, dipende dal punto di vista) senza piazzare scommesse all’interno del recinto AAMS / ADM. Ma considerando la velocità con cui certi fenomeni vengono monetizzati, non è escluso che nel giro di poco tempo anche il ceffone professionale entri ufficialmente nel lento menù delle scommesse italiane.

Considerazioni finali

Power Slap è la perfetta metafora del nostro tempo:

  • è istantaneo,
  • è brutale,
  • è virale,
  • è vuoto.

Nell’epoca del “tutto e subito”, il Power Slap soddisfa il bisogno compulsivo di stimoli forti, immediati e privi di contesto. Non c’è spazio per la noia, per l’attesa, per l’elaborazione. Solo impatto, scroll, condivisione, monetizzazione.

E mentre i concorrenti rischiano un trauma cranico per cinque minuti di celebrità e un pugno di like, anche gli spettatori partecipano — in modo meno visibile ma altrettanto reale — a una forma di decerebrazione collettiva. A forza di consumare contenuti dove il livello di profondità è quello di una pozzanghera, il cervello si adatta: meno attenzione, meno empatia, meno capacità critica. È la perdita dei neuroni su due fronti: quello che schiaffeggia e quello che guarda.

Lo guardi, ridi, poi ti senti un po’ in colpa. Ma intanto hai già condiviso il video. E loro hanno già monetizzato. Il ciclo continua. Fino al prossimo schiaffo.

Benvenuti nel nuovo spettacolo del degrado.